In definitiva, dopo oltre duemila anni, a fronte di documenti caratterizzati da apparenti aperture verso le altre religioni, la posizione della Chiesa cattolica continua ad arroccarsi sul vecchio assioma dei Padri della Chiesa “extra ecclesiam nulla salus”,
avanzando la pretesa di “predominio” e di “esclusività” del progetto di Dio
nell’annuncio della salvezza. Questa posizione, ribadita in epoca recente
nel documento ‘Dominus Jesus’ del 2000, è in netta contraddizione con
diversi documenti degli anni conciliari e post-conciliari del Vaticano II,
documenti nei quali la Chiesa Cattolica aveva cercato di attutire la sua
atavica posizione intransigente e discriminante, ammettendo la “possibilità”
di salvezza nel credo di altre religioni, attraverso vie note solo a Dio.
L’attuale presa di posizione della Chiesa Cattolica, quasi certamente, è
causata dal temuto relativismo religioso conseguente al processo di
secolarizzazione che si va diffondendo a macchia d’olio in tutti gli strati
della società contemporanea e, probabilmente, a difesa anche dell’incalzante
crescita in tutto il mondo della religione musulmana. Obiettivamente
nessuno, oggi, può dire con assoluta certezza se la Chiesa Cattolica abbia
assunto una giusta posizione a tutela della sua identità, oppure abbia
imbroccato un vicolo cieco da cui sarà difficile uscirne. Sicuramente cresce
l’imbarazzo tra i cattolici che vedono la Chiesa ritornata su posizioni
anacronistiche in tema di dialogo interreligioso.
Il passo della lettera di Paolo ai Romani, citato in precedenza,
richiama il cristiano al senso di risposta da dare al quesito posto
sull’universalità della salvezza. Nella sua lettera Paolo ribadisce che la
salvezza non si può negare a nessuno. Paolo, in sostanza, afferma che chi
non ha conosciuto Cristo, ma si sforza di seguire la sua coscienza, non può
essere giudicato in base a una legge che non conosce o a un Cristo di cui
non è mai venuto a conoscenza. Colui che non è stato raggiunto in pienezza
dalla parola del Vangelo di Gesù non ha colpa e non sussiste alcun motivo di
discriminazione nel poter raggiungere la salvezza. Infatti, prima ancora di
Gesù, Dio ha dato all’uomo una coscienza che si esplicita nella facoltà
della conoscenza del bene e del male, e che gli attesta quando una cosa è
bene e quando non lo è.
L’evangelista Matteo completa il senso della risposta affermando che alla
fine dei tempi solo Dio, che conosce il cuore degli uomini, potrà
giudicare chi si salva e chi viene condannato. L’uomo, in quanto essere
limitato e finito, non può arrogarsi un diritto di giudizio. Da questi
episodi è chiaro il messaggio della Bibbia: l’appartenenza al popolo
di Dio non è questione di razza o di seguire un’ideologia o di professare un
credo religioso, ma è solo questione di fede.
Allora molti credenti in Cristo si chiedono: “perché secondo la
Chiesa cattolica, le religioni che danno valore primario al ruolo della
coscienza nell’interpretare il ruolo del senso della vita dell’uomo e che
mirano anzitutto alla ricerca del senso del bene e del male, alla tutela
dell’uomo e al rispetto della sua dignità morale, proporrebbero vie per la
salvezza imperfette o non valide?” Anche il citato paragrafo n°846 del
Catechismo della Chiesa Cattolica - “Fuori dalla Chiesa non c’è salvezza”? -
così come è formulato appare discriminatorio nei confronti “di coloro che,
non ignorando la Chiesa Cattolica, nutrono motivi per non entrarvi”.
Costoro, infatti, sarebbero destinati a non salvarsi. Questa è
un’affermazione decisamente contraria a quanto si legge nelle Sacre
Scritture; denota intolleranza non solo verso gli altri movimenti
religiosi, ma anche irriverenza nei confronti delle religioni che
venerano lo stesso Dio della Chiesa Cattolica (Ebrei e Musulmani), o delle
Chiese che hanno in Cristo il loro punto di riferimento (ortodossi,
protestanti, anglicani, evangelici, valdesi etc…), nonostante che dallo
stesso Catechismo della Chiesa Cattolica siano riconosciute come strumenti
di salvezza all’interno della “molteplice diversità” della Chiesa di Cristo.
SULLE “VARIE” CHIESE CRISTIANE Il primato di Cristo nella salvezza
dell’uomo è un elemento comune alle numerose confessioni religiose che
s’identificano nel “cristianesimo” (ortodossi, protestanti, anglicani,
evangelici, valdesi etc…) Sembra però evidente che nessuna delle chiese
definite “cristiane”, cattolica compresa, oggi intenda rinunciare alla
propria identità e ad un principio di esclusivismo nell’annuncio della
salvezza, rivendicando un ruolo autonomo, un distinguo, acquisito per
tradizione nei secoli passati. Il documento Dominus Jesus, ha anche messo in
evidenza la reale situazione di divisione delle varie fedi religiose che si
riportano a Gesù Cristo. Di fatto, nessuna confessione religiosa che si
identifica in Cristo sembra seriamente disposta ad un costruttivo dialogo
interreligioso finalizzato alla ricostruzione della “Chiesa Universale”,
così come l’ha concepita Gesù. Nessuna Chiesa cristiana, oggi, sembra
veramente incline a riparare l’errore scissionista del passato che ha
tradito il mandato ‘unico e universale’ di Cristo. L’urgenza di
un’evangelizzazione credibile ha spinto Giovanni Paolo II° ad affermare che
«la divisione dei cristiani è in contraddizione con la Verità che
essi hanno la missione di diffondere …». «La comunicazione del Vangelo e la
comunione tra i cristiani sono due dimensioni che chiedono di essere vissute
in maniera più responsabile da tutti i cristiani. - Riconoscere il pericolo
di cadere nella sottile tentazione di assuefarsi alla divisione, ritenendola
una condizione insuperabile, renderebbe “tutti” i cristiani corresponsabili
di una grave colpa». – (Umberto Bonincontro, da il Messaggero della Madonna
N°1,2010) Se ai seguaci del cristianesimo sta veramente a cuore rendere
visibile Cristo agli occhi del mondo, è necessario produrre tutti insieme
uno sforzo verso l’unità dei cristiani. Occorre l’impegno serio e convinto
di tutte le Chiese cristiane per il superamento delle divisioni che, nei
fatti, minano alla base l’unità della Bibbia e l’universalità del Vangelo. |