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IL PENTATEUCO

IL SENSO RELIGIOSO DEL PENTATEUCO
 

“Il libro della Rivelazione di Dio all’uomo attraverso il popolo d’Israele”
 

Gli eventi narrati nei libri del Pentateuco rivelano il progetto di Dio per l’uomo. Costituiscono la trama fondamentale del Piano di Dio e pongono le basi per mostrare come Dio entra nella storia dell’uomo per rivelare il suo progetto religioso. Servendosi di uomini precisi e di un popolo preciso, in luoghi precisi e in circostanze precise del divenire umano, mette in atto la sua pedagogia nella ‘Storia della Salvezza’ dell’umanità.
In effetti, scegliendo un popolo, attraverso di esso intende raggiungere tutti gli altri popoli. Le parole dette da Dio ad Abramo al momento della sua vocazione esprimono a meraviglia il progetto universale di Dio: «Lascia la tua terra e va nella terra che io ti indicherò. Farò di te un popolo numeroso, una grande nazione… Per mezzo tuo io benedirò tutti i popoli della terra» (Genesi 12, 1-3). L’elezione di Israele non è tanto un privilegio concesso a pochi, quanto un compito a favore di tutti esercitato da Dio attraverso un popolo nel quale farà risplendere la sua gloria e la sua potenza, affinché tutti gli uomini della terra possano riconoscere che ‘Egli’ è l’unico vero Dio da onorare e venerare. Da ciò si desume che il piano divino non si ferma ad Ebrei e a Giudei. La loro “storia” densa di una serie di infedeltà, che costringeranno Dio in parecchie occasioni ad accanirsi contro di loro e a disperderli per le vie dell’esilio, è uno “strumento” in mano di Dio rivolto al bene di tutti gli uomini. Infatti, è attraverso gli errori e le disubbidienze commesse dal suo popolo che Dio nel corso della Rivelazione biblica epliciterà il suo insegnamento. Facendo emergere gradualmente il lungo iter evolutivo subito dalla coscienza dell’uomo tendente per sua natura al male, a conclusione del suo piano salvifico apparirà chiaramente come essa verrà trasformata e volta definitivamente al bene. In questo clima di lenta maturazione spirituale sboccerà il Nuovo Testamento.


“Il libro delle promesse e delle alleanze”
 

Dio agli inizi si rivela ad Adamo e Eva, i progenitori dell’umanità, i quali però subito gli disubbidiscono. Ma Dio, dopo la “caduta” dell’umanità nel peccato originale non abbandona le sue creature, assicura e promette ancora il suo aiuto per costituire un nuovo ordine del mondo. Chiama a sé uomini scelti come Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè e infine tutto il popolo d’Israele. Dio manifesta costantemente il suo interesse a far risollevare l’umanità dal peccato, intervenendo a favore del popolo ebraico che, dopo averlo liberato dalla schiavitù d’Egitto, lo pone in una nuova condizione di libertà, di sicurezza e di vita; gli dona anche un luogo in cui dimorare, la terra di Canaan. Dio accompagna il suo popolo negli spostamenti, impartisce istruzioni e lo difende, combattendo anche al suo fianco. Per preparare e realizzare il compimento delle promesse instaura con Israele un patto di alleanza. Non è però un patto tra uguali: Dio non ne ha bisogno. È un <patto di alleanza> regolato dalla “Legge” dettata da Dio stesso il quale esige, come contropartita, l’osservanza e la fedeltà, il rifiuto intransigente degli dèi stranieri, il riconoscimento della sua ‘Unica Signoria’. I temi dell’elezione, della promessa, dell’alleanza e della fedeltà sono le fila che percorrono tutto il Pentateuco. La “Legge”, nelle intenzioni divine, detta le condizioni atte a regolare la vita morale, sociale, cultuale, politica e religiosa del suo popolo, ma non può né deve limitarsi a un insieme di prescrizioni legali e cultuali da osservare formalmente. La “Legge”, chiamata anche la “Torah”, costituisce essenzialmente la ‘pedagogia’ trasmessa da Dio al popolo eletto, espressione e fondamento della ‘Sua’ religiosità.


“L’annunzio profetico di un nuovo Mosè”
 

Nel libro del Deuteronomio troviamo una profezia che, a dir poco, ha dello stupefacente: l’annunzio di un nuovo profeta, non solo superiore a Mosè (considerato il primo dei profeti), ma anche pari a Dio. “Il Signore Dio tuo susciterà, in mezzo a te, un profeta pari a me; a lui darete ascolto” (Dt . 18,15). “Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè - lui con il quale il Signore parlava faccia a faccia” (Dt. 34,10). Chiaramente queste parole non erano riferite all’istituzione del profetismo in Israele, ma era l’annunzio di un <nuovo personaggio> il cui tratto distintivo era quello di avere accesso immediato a Dio, così da poter comunicare “direttamente” al popolo d’Israele la volontà e la parola Dio. Ma c'è di più: mentre a Mosè non gli fu concesso di vedere in faccia il volto di Dio (Esodo 33,20), al nuovo profeta, al nuovo Mosè, sarà concesso in dono ciò che fu negato al primo, cioè vedere in faccia il volto di Dio. Il nuovo Mosè così diventerà il mediatore di un’alleanza e di una rivelazione ben superiore a quella portata da Mosè. Il riferimento a Gesù ci sembra ovvio…!

 
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