1° FATTORE DI ANALISI
La Bibbia è un volume che raccoglie scritti di “autori vari”, alla cui base
vi è un complesso lavoro editoriale in un periodo storico compreso
all’incirca tra la fine del X° sec a.C. e il primo secolo d.C.
La Bibbia contiene una notevole varietà di “generi letterari” (storia,
politica, religione, spiritualità, poesia, prosa etc…) e i più svariati
“generi narrativi” (carestie, guerre, racconti mitologici e allegorici,
pagine di ispirata poesia, storie suggestive e paradossali, storie di
violenze e dolorose immagini di morte etc..).
Nelle pagine bibliche trovano spazio le culture più disparate e il loro modo
diverso di concepire le realtà umane. Nella Bibbia praticamente vi si può
trovare di tutto.
2° FATTORE DI ANALISI
Un corretto indirizzo metodologico consiste nel penetrare nella mente
dell’autore per capire le sue intenzioni e cercare di scoprire il “filo
conduttore” che lega pagine tanto diverse sia sul piano della
narrazione che linguistico. Altrimenti si corre il rischio di non capire la
Bibbia, o di scandalizzarsi inutilmente di fronte a certi racconti dove
talvolta con forza trasuda un’umanità violenta che arriva perfino a
coinvolgere la stessa identità di Dio.
3° FATTORE DI ANALISI
La Bibbia non è storia, non è scienza, non è letteratura. E’ un libro
religioso, e pertanto se ne deve fare soltanto una “lettura
religiosa”, finalizzata a scoprire il filo conduttore
religioso-spirituale che essa veicola, in grado di offrire risposte di fede
destinate a nutrire la coscienza religiosa e morale dell’uomo.
Il filo conduttore principale è costituito dalla “progressività della
rivelazione” di Dio nella storia umana (a partire dal Vecchio fino al
Nuovo Testamento), progressività che coincide con la “storia della
salvezza” e che a sua volta coincide con “l’evoluzione della
rivelazione della fede”, che trova il compimento finale nell’annunzio
della Buona Notizia ad opera di Gesù Cristo.
Secondo gli esegeti è questo l’indirizzo da intraprendere per una lettura e
una interpretazione corretta della Bibbia.
4° FATTORE DI ANALISI
C’è da considerare infine il “contesto culturale”, “il contesto sociale” e
il “contesto morale” del tempo in cui gli autori biblici si esprimono. Il
lettore è chiamato a leggere delle pagine antiche nella consapevolezza che
tra lui e i diversi scritti intercorrono oltre duemila anni di storia.
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CONSIDERAZIONI |
Gli autori biblici avevano un concezione della storia molto diversa dalla
nostra: i dati che essi ci hanno tramandato non possono essere assunti come
ineccepibili, rispondenti a criteri di coerenza e di scientificità. Più che
narrare in maniera accurata una storia, la Bibbia racconta il modo con cui
Dio la conduce, per suscitare una risposta di fede e invitare a guardare al
futuro con speranza. L’obiettivo primario non è quello di documentare, ma
quello di “rivelare” il senso nascosto degli eventi e il valore che essi
hanno agli occhi di Dio. Sfogliando le pagine della Bibbia ci si rende conto
di quanto progressiva sia la crescita della coscienza religiosa e del senso
morale del popolo man mano che viene raggiunto dalla ‘Parola di Dio’.
La concezione di partenza, apparentemente primitiva e puerile, è quella di
avere immaginato e descritto un Dio antropomorfo, cioè un Dio dalle
sembianze umane.
Gli autori biblici, in particolare quelli vetero-testamentari, hanno
immaginato un Dio invisibile, ma non come un soggetto astratto, bensì come
un essere concreto in azione nel mondo, a cui ciascuno deve rendere conto
delle proprie azioni. Un Dio che stringe relazioni misteriose con gli uomini
e ne dirige gli avvenimenti, un Dio che punisce i malvagi, un Dio guerriero
che combatte a fianco del suo popolo per opporsi all’idolatria e sconfiggere
gli infedeli, un Dio geloso pronto a reprimere ogni infedeltà, un Dio deluso
dalle sue stesse decisioni che si pente di aver voluto bene a un popolo di
ribelli. L’autore biblico, quindi, nel descrivere la condanna e la punizione
inflitta da Dio per la mancanza di fede degli uomini ha immaginato un Dio
fatto alla maniera umana, che manifesta con forza e con durezza espressiva
la sua collera nel condannare l’uomo peccatore. Su questo sfondo anche la
pace, il benessere, la vittoria sui nemici sono interpretate come premio di
fedeltà verso l’alleanza, mentre le sconfitte, le deportazioni, le stragi e
le grandi calamità sono il frutto dell’infedeltà e del disordine morale.
Così, in un mondo in cui l’unicità di Dio era minacciata dal pluralismo
delle divinità pagane, il popolo eletto si sente al sicuro dietro una
distinzione drastica tra il bene e il male, al punto da condannare anche il
“diverso”.
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CONCLUSIONI |
Gli autori biblici hanno descritto con un
linguaggio tipicamente umano avvenimenti e narrazioni legate al contesto
socio-culturale-morale e religioso dell’epoca. Questi autori, ritenuti
ispirati da Dio, inconsapevolmente hanno sviluppato un articolato messaggio
religioso nascosto che va estrapolato da racconti apparentemente privi di un
chiaro filo conduttore, e spesso intrisi anche di violenza e di morte. E’
stupefacente rilevare la coerenza e l’unità spirituale e teologica del
modello religioso che attraversa tutta la Bibbia ed è impensabile che tutto
questo possa essere stato il frutto di una mistificazione protrattasi per
oltre un millennio o il frutto di un racconto inventato a tavolino.
E’ compito della moderna esegesi individuare il filo conduttore spirituale,
religioso, e teologico che lega in maniera stupefacente la prima e l’ultima
pagina della Bibbia e interpretare un testo in cui parole umane sono
intimamente legate con la “Parola di Dio”. |
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