I primi cinque libri della Bibbia, ‘Genesi’, ‘Esodo’,
‘Levitico’, ‘Numeri’, ‘Deuteronomio” formano la prima grande collezione di
scritti biblici chiamati il “Pentatuco”.
Il termine deriva dal greco (penta=cinque e teucos=astuccio), cioè i ‘cinque
astucci’ che contenevano i volumi (o rotoli) equivalenti a quelli che nella
Bibbia del canone ebraico vengono denominati la “Torah” ( la “Legge”), ossia
l’insegnamento di Dio per eccellenza.
L’argomento trattato in questi cinque libri inizia con la creazione del
mondo e dell’umanità. Quindi, soffermandosi attorno al popolo ebraico e sul
suo capostipite Abramo, narrano le vicende dell’uscita dall’Egitto fino al
suo ingresso nella terra promessa (la Palestina), sotto la guida di Mosè,
l’intermediario attraverso il quale Israele ricevette la “Legge”. L’ultimo
libro, il Deuteronomio, termina narrando la morte di Mosè.
Il Pentateuco, visto nel suo complesso, sottolinea con chiarezza la
conoscenza che il popolo d’Israele ha di sé sullo sfondo della “Storia della
Salvezza”. Raggruppa una serie di prescrizioni che regolavano la vita
morale, sociale, politica e religiosa di Israele: un insieme di sacro e
profano, cioè di leggi civili e penali mescolate a precetti religiosi,
presentati come la ‘Carta dell’Alleanza’ del popolo d’Israele con Dio. Il
lettore resta sicuramente sorpreso da alcuni aspetti letterari
caratterizzati dalla diversità di vocabolario, di stile e di testimonianze,
o da ripetizioni dello stesso racconto, che fanno chiaramente apparire i
cinque libri del Pentateuco come la “summa di diverse tradizioni letterarie
e religiose”, che nel corso dei secoli hanno contribuito a fissare principi
e modi diversi di proclamare e di vivere la fede del popolo d’Israele nel
loro unico Dio. |