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IL LIBRO DELLA GENESI
 
 
22 - GENESI: La caduta dell'uomo
 

APPRENDIMENTO DI BASE: Purtroppo l’uomo fin dalle origini tende a prescindere dal progetto che Dio gli proponeva, attuando per sua libera scelta un progetto alternativo che lo porta ad infrangere le armonie del piano divino. L’uomo, influenzato negativamente della potenza demoniaca-tentatrice, disubbidisce a Dio. È così che il primo uomo, creato da Dio nello stato primordiale di santità e di giustizia universale, cade nel peccato e rompe l’armonia della creazione. Entra la morte nella storia dell’umanità, da qui nasce il dramma del <peccato originale> legato ad un atto d’estrema presunzione e di autosufficienza. L’uomo da questo momento in poi sarà destinato a lottare quotidianamente contro le forze del male che lo tenteranno in ogni luogo e in ogni momento per indurlo ad allontanarlo dal progetto che Dio alle origini gli aveva preparato. Dal racconto biblico appare chiaramente che la disubbidienza di Adamo ed Eva, i quali con atto volontario e consapevole cedettero alla tentazione del demonio, fu la causa dell’entrata del peccato nel mondo. La Bibbia ci fa capire che la radice del peccato sta nel riporre fiducia unicamente in se stessi; ci fa comprendere che il peccato è un male morale generato all’interno della libertà dell’uomo stesso. Il problema del male quindi diventa puramente una ‘questione antropologica’, cioè legata all’uomo stesso; un problema che nulla ha a che fare con il piano divino della creazione. Comprendiamo allora come Dio non è in alcun modo responsabile, né direttamente né indirettamente, del male che imperversa nel mondo: causa e vittima n’è dunque l’uomo stesso. Ci può in ogni modo confortare che dalla Bibbia trapela un chiaro messaggio di speranza: Dio, in linea di principio, non permetterà mai che il male possa contaminare per sempre l‘opera della ‘Sua’ creazione. Ci fa sapere che alla fine dei tempi il male sarà sconfitto definitivamente e prevarrà su tutto e su tutti il bene!

APPROFONDIMENTO: Se i primi capitoli della Genesi descrivono con tono ottimistico la creazione, come cosa buona, progettata dalla Sapienza divina per porre l’uomo in posizione centrale all’interno del creato, i capitoli 3-11 parlano del dramma dell’uomo che, tendendo per sua natura all’autosufficienza, rigetta il dono di Dio. L’uomo, purtroppo, fin dalle origini tende a prescindere dal progetto che Dio gli proponeva, attuando per sua libera scelta un progetto alternativo che lo porta ad infrangere le armonie del piano divino. Disubbidendo a Dio, complice l’influsso negativo procurato dalla malvagità della potenza demoniaca-tentatrice presente nel mondo, opta per un altro ordine morale da lui stesso conquistato. Il serpente, il tentatore, non è un altro dio. È soltanto una creatura astuta fatta da Dio, drammaticamente necessaria nell’economia del racconto biblico della “Storia della Salvezza”, per porre l’uomo di fronte ad una “prova di fedeltà” verso il suo Creatore e per introdurre quell’elemento della “tentazione” che induce nella donna il desiderio di mangiare il frutto proibito. Il tentatore scompare allorquando la sua funzione narrativa è compiuta; ricomparirà nel proseguimento della narrazione biblica assumendo il ruolo di spirito del maligno, Satana.

 
 

In un racconto che utilizza un linguaggio di immagini dalle forti valenze psicologiche, viene descritto un avvenimento primordiale accaduto all’inizio della storia dell’uomo: la disubbidienza dell’uomo a Dio creatore. Dietro la disubbidienza c’è una voce seduttrice che si oppone a Dio, un angelo decaduto, creato originariamente buono che, rifiutando di servire Dio, ha cercato fin dai primordi di associare anche l’uomo nella sua ribellione contro il Creatore. Viene raccontato come la tentazione si insinua facilmente nella psicologia stessa dell’uomo. Il tentatore fa balenare nell’uomo la possibilità di diventare simile a Dio, gli inculca la diffidenza, lo incita alla disubbidienza e lo spinge alla ribellione verso il suo Creatore. La donna acconsente, il cammino della tentazione al peccato di disubbidienza a Dio è così percorso! Il primo uomo creato da Dio nella santità e nella giustizia universale, compiendo un atto di sfiducia verso il suo Creatore, rompe l’armonia della creazione, innescando uno stato di disordine permanente nel progetto originario di Dio.

Si consuma la rottura del patto d’alleanza tra creatura e Creatore!
 

Dal racconto biblico appare chiaramente che la disubbidienza di Adamo e Eva, che con atto volontario e consapevole cedettero alla tentazione del demonio e rifiutarono il progetto di amore che Dio aveva preparato per loro, fu la causa dell’entrata del peccato nel mondo. Da qui nasce il dramma del cosiddetto “peccato originale” che fin dalle origini ha macchiato la realtà di ciascun uomo. Da questo momento e per tutto l’arco della sua vita, l’uomo, che con l’atto di ribellione aveva tentato di impossessarsi di ciò che era riservato esclusivamente a Dio è destinato a lottare quotidianamente contro le forze del male che lo tenteranno in ogni luogo e in ogni momento, per indurlo ad allontanarlo dal progetto che Dio gli aveva preparato. La narrazione del ‘peccato delle origini’ stigmatizza il ruolo operato dalla tentazione permanente e insieme la situazione di disordine in cui l’umanità viene a trovarsi dopo la caduta dei progenitori.
Gli effetti della disubbidienza a Dio saranno drammatici e dolorosi per la specie umana. La conseguenza immediata non è la morte fisica, ma la morte spirituale. La coppia è allontanata dal ‘giardino del dialogo’ con Dio che ora sentono lontano e ostile; il loro destino di colpo è cambiato. Avvertono una lacerazione interiore, ossia un conflitto fra carne e spirito.
L’armonia della coppia è spezzata, il che provoca l’assoggettamento della donna che d’ora in poi sarà vista e considerata dall’uomo come oggetto di piacere. Si rompe l’armonia fra l’uomo e la natura, il lavoro diventerà senza fascino e sarà causa di fatica e di sfruttamento. Essi ora saranno costretti a ricercare una nuova vita e un nuovo modo di essere nel mondo normale. Recita il testo: «allora i loro occhi si aprirono e si accorsero che erano nudi». (Gen. 3,7). È una metafora che etichetta con tono lapidario il loro nuovo stato: si accorsero che avevano perso ciò che costituiva la loro condizione di privilegio voluta da Dio, capirono che avevano rinunciato alla loro grandezza, si resero conto che il peccato aveva procurato nel loro essere una condizione di squilibrio dalla portata inimmaginabile, compresero che avevano perduto i loro requisiti di esseri puri e perfetti. Adamo ed Eva ritornano nella polvere da cui provenivano. Se fossero rimasti nell’intimità con il divino, quali esseri creati incorruttibili, non avrebbero dovuto né soffrire né morire.

Entra così la morte nella storia dell’umanità!
Le conseguenze della colpa dei progenitori si riversano anche nei loro discendenti. Quali capostipiti trasmettono il peccato originale a tutta la natura umana che, privata della ‘santità’ e dello stato di ‘giustizia’ originale, ne esce indebolita, sottoposta alla sofferenza e al dolore, al male e al potere della morte. La rottura della relazione di comunione con Dio provoca come conseguenza la rottura dell’unità interiore della persona e compromette nello stesso tempo la relazione armoniosa tra gli uomini con le altre creature. In questa rottura originaria va ricercata la radice più profonda di tutti i mali che insidiano le relazioni sociali fra gli uomini e attentano alla dignità della persona. Ne deriva la disgregazione progressiva dell’umanità che precipita verso il baratro della perdizione.

Il mondo si è posto sotto il potere occulto delle forze del male!
L’uomo d’ora in poi si vedrà costretto a lottare senza soste contro le insidie e le tentazioni del maligno per restare unito al bene. La Bibbia ci fa capire che la radice del peccato sta nel riporre fiducia unicamente in se stessi e nelle proprie possibilità.
Il peccato”, frutto di una rivendicata radicale autonomia dell’uomo dal Creatore, ha una “matrice universale” che porta l’uomo ad allontanarsi dal suo Dio.
Il peccato” è un “male morale” che origina all’interno della libertà dell’uomo stesso ed è in grado di distruggere la sua umanità originariamente indirizzata al bene.
Dio, nella sua infinita bontà, rispetta la libertà e l’autonomia d’ogni sua creatura, permette che essa possa deviare, costituendola unica responsabile dell’uso che fa delle cose. Sulla base delle sue scelte si deciderà il suo destino, a seconda se saranno finalizzate a mantenere l’armonia del creato o se prevarranno finalità o bisogni egoistici. Alla domanda che spesso viene posta: “perché Dio non ha impedito al primo uomo di peccare?” o “perché Dio che è amore permette che possa esistere il male?”, risponde la Scrittura: ‘Dio permette l’esistenza del male per trarne da esso un bene più grande’ e ‘per far capire all’uomo dove sta il bene e dove sta il male’. Le intenzioni divine sono quelle di riportare l’umanità al fine originale della creazione: ricostituire l’armonia primordiale per manifestare la gloria di Dio. Allora è chiaro che, conoscendo il progetto originario di Dio per l’uomo, il male può essere smascherato alla sua radice e nella sua vera identità, quale realtà negativa di rifiuto e di opposizione a Dio creatore, nell’ambito di un uso e abuso di quella libertà che Dio ha donato agli uomini perché possano amare lui e amarsi reciprocamente.
Il problema del male, quindi, diventa una questione puramente “antropologica”, cioè legata all’uomo stesso e all’utilizzo che egli fa del suo libero arbitrio, ma che nulla ha a che fare con il piano divino della creazione. La realtà del peccato non può essere percepita al di fuori del profondo legame instaurato da Dio con l’uomo all’atto del “progetto creazione”. Per comprendere a fondo cosa sia il peccato è necessario conoscere anzitutto il disegno di Dio per l’uomo, e solo conoscendo la vera natura del peccato originale è possibile comprendere la grandezza e l’insostituibilità della “Redenzione”. La Bibbia, nel rivelare il suo dominio regale e la sua maestosa grandezza, afferma che Dio ha creato l’uomo a sua immagine e l’ha costituito nel suo progetto d’amore “liberamente” sottomesso al suo Creatore. Ciò vuol dire che l’uomo, creatura fatta da Dio, deve riconoscere la sua naturale finitezza, accettando le leggi della creazione. Egli è obbligato a rispettare le norme morali che regolano l’uso della libertà, se vuole aspirare alla sua piena realizzazione attraverso la sua esperienza di vita.

 
 

L’origine del male, allora, non può essere attribuita a cose o manifestazioni esterne, o a cause sociali e politiche, ma unicamente all’io interiore delle persone: ai cattivi pensieri, all’egoismo, alla prevaricazione, alla cupidigia. Ora si può capire come Dio non è in alcun modo responsabile, né direttamente né indirettamente, del male del mondo: causa e vittima n’è dunque l’uomo stesso! Finché la creazione non avrà riconquistato la perfezione originaria, il male e il bene dovranno coesistere. Ciò consentirà a Dio, nella sua infinita bontà e misericordia verso gli uomini peccatori, di farci vedere dove sta il male e dove sta il bene, di farci capire l’essenza e la radice del male, e di farci scoprire attraverso le vie oscure e misteriose della Provvidenza che, per mezzo della fede, da un male si può trarre il bene.
La Bibbia afferma che l’uomo da se stesso non è in grado di cambiare la situazione di miseria e di angoscia venutasi a creare dopo il peccato originale. Solo da Dio ci si può aspettare aiuto e salvezza. Perché solo Dio può cambiare il cuore dell’uomo!
Possiamo però confortarci con una nota di speranza. In linea di principio Dio non permetterà mai che il male possa contaminare in modo permanente le opere della sua creazione. Alla fine dei tempi il male sarà sconfitto definitivamente e prevarrà su tutto e su tutti il bene.

 
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