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SCOPRIRE LA CONOSCENZA DI DIO CON UN LINGUAGGIO SEMPLICE
 



IL LIBRO DELLA GENESI - LA CHIAMATA DELL'UOMO
 
 
28 - IL PARADISO TERRESTRE
 
(da Gen 2, 8-17)
Poi Dio, il Signore, piantò un giardino nella regione di Eden. Fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare. Nel mezzo del giardino piantò due alberi: l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male. Poi prese l’uomo che aveva plasmato e lo pose nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse, e gli ordinò: Tu potrai mangiare il frutto di qualsiasi albero del giardino, ma non quello dell’albero della conoscenza del bene e del male, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti.

COMMENTO AL TESTO: Il mondo appare subito come un giardino lussureggiante, l’Eden, che raffigura il modello della perfezione e bellezza ideale. Un luogo dove l’uomo occupa una posizione centrale in armonia con il mondo. Ora però su di lui risuona un comando divino! Riguarda un misterioso albero del giardino. L’autore sacro, con l’immagine metaforica dell’albero della vita (il simbolo dell’immortalità) e dell’albero della conoscenza del bene e del male (il simbolo delle scelte morali), vuole dirci che l’uomo alle origini fu sottoposto ad una “prova”, per sollecitarlo ad un atto di riconoscimento dell’autorità di Dio. Nell’antico mondo orientale politeista, mangiare il frutto dell’albero della vita significava ottenere l’immortalità. Violare il comando divino significherà per l’uomo sperimentare la morte, intesa non in senso fisico quanto come separazione da Dio. La conoscenza del bene e del male è un privilegio che Dio si riserva nelle sue funzioni di creatore. Mangiare il frutto dell’albero avrebbe significato per l’uomo impadronirsi della vita, senza dipendere dal suo Creatore, acquisendo la facoltà di discernere e di giudicare da sé ciò che è bene e ciò che è male, in vista della felicità propria o altrui. Questo avrebbe comportato una presunta rivendicazione di autosufficienza e di autonomia morale che non si appropriavano ad una ‘creatura finita’ tratta dalla terra. L’uomo ricusando e rinnegando il suo stato di finitudine avrebbe preteso di diventare simile al suo Dio Creatore, rovesciando in questo modo l’ordine e il senso della creazione.
 
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