Gli Esseni, noti attraverso le testimonianze
degli antichi scrittori ebrei Filone Alessandrino, di Giuseppe Flavio,
e dello scrittore non ebreo Plinio il Vecchio, sono tornati alla
ribalta dopo la scoperta nel 1947 dei loro manoscritti nelle grotte di
Qumràn, regione desertica sulle rive nord-occidentali del Mar Morto.
In quei mano-scritti, circa 600, tutti anteriori al 68 d.C. databili
dal II° sec. a.C. al II° sec. d.C., fu-rono trovati non solo il testo
completo di Isaia ma quasi tutti i libri della Bibbia, ri-copiati
circa uno o due secoli prima di Cristo, perfettamente coincidenti con
quelli usati da Ebrei e Cristiani di oggi. Verosimilmente vi furono
trasportati e nascosti da-gli stessi monaci all’approssimarsi dei
Romani che nel 68 d.C. distrussero il loro monastero. Grazie a quei
papiri, oggi sappiamo che gli Esseni erano monaci ebrei che si erano
ritirati nel deserto per studiare la legge di Mosè; attendevano anche
loro la venuta di un Messia. Vivevano mettendo in comune i propri beni
materiali posseduti, nell’attesa di un intervento imminente di Dio per
la fondazione di una nuova Gerusalemme. L’indagine archeologica e la
lettura dei manoscritti hanno consentito agli studiosi di identificare
il gruppo degli Esseni, di conoscerne l’organizzazione, la condotta di
vita e la dottrina. Interpreti rigorosi del giudaismo erano in
polemica con le istituzioni religiose ufficiali giudaiche; infatti,
non frequentavano il tempio di Gerusalemme perché ritenuto profanato
da un sacerdozio indegno e infedele alla legge di Mosè, contrario alle
norme della vera liturgia. Intrattennero buoni rapporti con il re
Erode il grande, e per questo motivo alcuni studiosi li hanno
identificati negli ‘erodiani’ menzionati dai Vangeli.
Cronologicamente la setta degli Esseni si colloca fra il II° sec. a.C.
e il I° sec. d.C.; i dati archeologici confermano che abitavano in una
località sita sulle rive del Mar Morto, ma non è escluso che Qumràn
fosse solo la sede centrale di altre comu-nità collocate lungo il
Giordano e sulle rive del Mar Marto. Gli adepti si denominavano “Figli
della Luce”. Vivevano in isolamento conducendo una vita retta da una
rigida disciplina, organizzata secondo un ordine
gerarchico-piramidale. I nuovi membri erano ammessi progressivamente
dopo un lungo noviziato che durava tre anni, al termine del quale
erano integrati nella comunità dopo aver annesso tutti i loro beni.
Per primi nella storia del giudaismo avrebbero introdotto il celibato,
un istituto estraneo alla cultura vetero-testamentaria, tanto che non
avrebbe incontrato il favore del giudaismo rabbinico. Quanto al
matrimonio, che sopravviveva in un ramo dell’essenismo, si
giustificava con la necessità di assicurare la continuità della
specie. Era prova il fatto che si astenessero dai rapporti sessuali
una volta che era avvenuto il concepimento.
Sul piano spirituale la loro vita era caratterizzata dall’osservanza
esasperata delle norme di purità (abluzioni, bagni, vesti bianche)
spinte fino all’estremismo, al punto da ritenere contaminante il
contatto non solo coi pagani ma anche con gli e-brei non appartenenti
alla comunità. Era ritenuta particolarmente rigorosa l’osservanza del
riposo sabbatico. L’essenismo rappresenta la fede di un gruppo eletto
che si isola dal mondo esterno aborrendo ogni contatto con gli
estranei.
Dall’analisi del loro “Manuale di Giustizia” emergono le
caratteristiche della loro dottrina. L’amore essenico si limitava ad
essere professato per gli amici del gruppo, mentre per gli altri si
consigliava l’odio; ispirandosi al profetismo ebraico enumeravano
minuziosamente prescrizioni alimentari e igieniche, distinguendo
rigorosamente tra “cibi puri” e “cibi impuri”. Gli esseni affermavano
che solo scartando certi cibi e procedendo a certi rituali si poteva
accedere al “sacro”. Stolti, ciechi, zoppi, sordi e perfino i bambini
non potevano far parte della comunità; prescrivevano di tenersi
lontano da peccatori, da stranieri e dalle donne
Gli esseni svilupparono una concezione dualista e fatalistica del
mondo, basata sull’opposizione radicale di due spiriti o forze, i
“figli della luce” e i “figli delle tenebre”, “il bene e il male”, in
permanente lotta fra di loro. Riponevano però una fiducia illimitata
in Dio e nel suo intervento imminente per il trionfo dei figli della
luce e la condanna alla perdizione dei figli delle tenebre. La loro
dottrina era rivelata da un loro “Maestro di Giustizia”: una figura
difficile da identificare, per la mancanza di dati storici precisi,
che nei tempi passati alcuni avevano erroneamente accostato a Gesù.
Dalla scoperta dei papiri di Qumràn, infatti, si è dimostrata la
profonda antitesi tra la dottrina degli Esseni, e quella
cristiano-primitiva, deludendo quanti pensavano di aver trovato negli
Esseni la “chiave” per capire come dalla cultura ebraica del primo
secolo fosse scaturita la nuova dottrina del cristianesimo nascente
che, senza potervi rilevare segni di continuità o di aggancio con la
precedente dottrina giudaica, d’un tratto si attestava su posizioni
rivoluzionarie e completamente antitetiche rispetto ai modelli
religiosi del tempo. In effetti, sarebbe bastato osservare che il
Manuale di Giustizia degli Esseni mette in evidenza sostanziali
differenze e una radicale contrapposizione con i principi basilari e
le caratteristiche salienti della dottrina predicata da Gesù. I
Vangeli, anche se non menzionano espressamente gli Esseni,
costituiscono una critica severa contro i principi basilari della
dottrina essenica. Gesù infatti affermava che le cose del mondo,
proprio perché create da Dio, non possono mai essere impure, ma lo
diventano attraverso il cuore dell’uomo. Gesù non ha fatto
aprioristicamente alcuna discriminazione tra “buoni” e “cattivi” ed
affermava che ogni uomo di buona volontà può e deve convertirsi al
bene. Gesù durante tutto il suo ministero terreno ha privilegiato le
minoranze infelici, rispettava i peccatori e gli stranieri, ha
eguagliato l’uomo alla donna e additava i bambini quale simbolo di
umiltà e di servizio. Su altri punti essenziali vi è una diversità
abissale tra la dottrina degli Esseni e i Vangeli, i quali pongono in
primo piano i temi della misericordia, del perdono, dell’amore di Dio
verso i peccatori, dell’importanza della purezza interiore rispetto a
quella esteriore. Ma ciò che distingue radicalmente il cristianesimo
da tutto il giudaismo, e in modo particolare dal movimento essenico, è
la centralità di Cristo rispetto alla Toràh, di cui egli appare
l’interprete più autorevole e colui che la porta a compimento con il
suo insegnamento e la sua azione concreta.
Bisogna comunque evidenziare anche il forte influsso arrecato dagli
Esseni nei manoscritti del cristianesimo primitivo. Si possono notare,
infatti, analogie tra la dottrina essenica e il Nuovo Testamento:
l’attesa per il giudizio escatologico, lo sforzo morale per mettere in
pratica le prescrizioni nella vita concreta in preparazione del
<giorno del Signore>, la distinzione tipicamente giovannea tra i figli
della luce e i figli delle tenebre, la scelta del celibato e l’obbligo
del matrimonio monogamico.
Certamente i manoscritti di Qumràn coprono un importante vuoto
culturale di un periodo storico nel quale avvennero notevoli e
importanti mutamenti nell’ebraismo. Rimane però inspiegabile il fatto
che la setta degli esseni non sia stata mai espressamente menzionata
dai Vangeli, né in altri scritti neo-testamentari, né nelle fonti
rabbiniche. Certamente questo movimento rappresenta un nuovo capitolo
che completa la fisionomia del giudaismo e la storia degli inizi del
cristianesimo; sicuramente offre nuovi spunti per capire il senso di
alcuni episodi dei Vangeli legati alla predicazione di Gesù. |