Un dato storico inconfutabile è quello dell’esistenza 
          del movimento cristiano nella prima metà del I° secolo d.C. Erano 
          queste le prime comunità cristiane, costituite dai convertiti dal 
          giudaismo e dal paganesimo, che si richiamavano alle predicazioni di 
          Giovanni, detto il Battista, e di Gesù di Nazarèt, un ebreo della 
          Palestina, giustiziato intorno agli anni 30 d.C., venerato e 
          proclamato come il “Messia” ebraico. 
          Un interrogativo che spesso si pone riguarda la possibilità di 
          tracciare un’immagine storica di Gesù attraverso i Vangeli e i 
          documenti storici del tempo. Non è possibile dare una risposta certa, 
          almeno per tre ordini di motivi: 
          1°) è noto che Gesù personalmente non ha lasciato nulla di scritto, né 
          tracce tangi-bili di se stesso. Ha lasciato solo un elemento 
          impalpabile, apparentemente insignificante: la sua “Parola” affidata 
          semplicemente ad un “normale” gruppo di persone, i suoi discepoli;  
          2°) in secondo luogo nessun evangelista si prefissò una stretta 
          disposizione cronolo-gica per un’esatta posizione temporale della 
          narrazione, né la catechesi della Chiesa primitiva si premurò di 
          esporre una biografia di Gesù, nel senso che oggi si attribui-sce a 
          tale termine.  
          3°) infine, la storiografia ufficiale del tempo, abbagliata e intenta 
          a narrare i fulgori della Roma d’Augusto, ignorò quasi del tutto la 
          figura storica di Gesù, considerato alla stregua di un rivoluzionario 
          e un nemico dell’impero romano, e il mondo giudaico volle cancellare 
          tutto quanto Gesù aveva fatto e detto, dottrina e i-stituzione. 
          Il carattere frammentario e l’uso ecclesiale, in certo senso anche 
          popolare, del materiale evangelico comporta indubbiamente una certa 
          riduzione di storicità, escludendo del tutto una ricostruzione della 
          vita di Gesù nel senso storiografico moderno del termine. La natura 
          stessa dei Vangeli, che nel complesso sono permeati della fede 
          pasquale della comunità cristiana primitiva, pone un limite ad una 
          verifica storica perché ogni dato evangelico è legato 
          indissolubilmente alla fede dei testimoni che l’hanno trasmesso. Ma è 
          anche vero che non si tratta di una frammentarietà così totale da 
          impedire che i singoli “pezzi”, centrati su Gesù, siano insufficienti 
          per delinearne aspetto e personalità, e a cogliere il senso che egli 
          ha attribuito alla sua vita.  
          Anche se i primi evangelizzatori non nutrissero preoccupazioni di 
          carattere propriamente storico o intenti storiografici, ciò non 
          esclude che essi non fondassero la loro predicazione su fatti 
          realmente accaduti. Questa considerazione attesta che i Vangeli non 
          sono solo testimonianze di fede in Cristo, frutto della religiosità 
          delle prime comunità cristiane. I Vangeli veicolano un messaggio e un 
          insegnamento inserito in un preciso contesto storico, con 
          testimonianze di fatti e di accadimenti inerenti la vita terrena di 
          Gesù. Ne consegue che un’interpretazione adeguata e corretta della 
          vita di Gesù deve mantenere sempre un rapporto costante e critico con 
          la sua figura storica, prendendo atto che la proclamazione del suo 
          messaggio spirituale è inscindibilmente unito con la sua esperienza 
          terrena. Ciò appare evidente fin dai primi documenti più antichi del 
          cristianesimo, come la prima lettera di S.Paolo ai Tessalonicesi 
          scritta intorno all’anno 51 d.C., una ventina d’anni dopo la morte di 
          Gesù, dove i dati storici su Gesù e il significato di salvezza 
          attribuito alla sua morte, appaiono intimamente connessi «Dio ci ha 
          destinati all’acquisto della salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù 
          Cristo, il quale è morto per noi» (1Ts 5,9-10). 
           
            Conclusione: La ricostruzione della vita di Gesù, riconoscibile 
          attraverso la ricerca storico-critica, può fornirci solo un ritratto 
          frammentario per la scarsità di fonti. E’ anche vero che un corretto 
          approccio sulla figura di Gesù non può disgiungere il “Gesù 
          testimoniato dalla storia” dal “Cristo proclamato dalla Fede”: il 
            kerygma si basa necessariamente sulla realtà storica dell’evento 
          pasquale.  |