La predicazione orale fu una necessità impellente per la comunità
cristiana primitiva, il cui scopo primario era quello di far conoscere l’evento
Gesù.
Per alcuni anni dopo la morte di Gesù la diffusione del Vangelo avvenne
attra-verso la viva voce dei testimoni diretti. Dopo i primi momenti di
smarrimento per la tragica morte di Gesù, gli Apostoli, testimoni qualificati e
guide spirituali della co-munità, chiamati alla sequela fin dall’inizio del
ministero pubblico di Gesù, rievoca-rono gli insegnamenti e le sue opere
interpretandole alla luce del compimento delle Scritture: la Risurrezione di
Cristo. «Noi, dice Pietro, siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute
nella regione dei Giudei e in Gerusalemme» (Atti 10,39).
L’origine storica dei Vangeli ci rimanda alla vita e alla fede delle
prime comu-nità cristiane, e va quindi ricercata nella predicazione dei primi
evangelizzatori, degli Apostoli e dei discepoli di Gesù alle proprie comunità
locali (catechesi orale). Il periodo storico orale del Vangelo
rappresenta lo stadio più oscuro e discusso dagli studiosi, perché le fonti sono
costituite quasi esclusivamente dai testi neo-testamentari che, in effetti, sono
documenti di fede.
C’è da aggiungere, inoltre, che i primi annunciatori del Vangelo non
erano persone colte provenienti da scuole rabbiniche, com’era in uso nel
giudaismo ufficiale. Gesù, infatti, durante il suo ministero non si preoccupò di
promuovere un movimento scolasticamente organizzato per diffondere la sua
parola. I primi evangelizzatori, infatti, erano semplici popolani, il cui
intento principale era quello di suscitare l’adesione alla fede in Gesù Cristo e
Signore, vissuto, morto e risorto per la salvezza degli uomini.
In realtà la comunità cristiana primitiva si presentava in gruppi ben
strutturati, ciascuno con una propria guida religiosa, i quali intervengono
nella vita della comu-nità stessa impartendo direttive, approfondendo e
correggendo. La trasmissione del messaggio di Gesù in seno alla chiesa
primitiva avvenne mediante tre attività fon-damentali: la liturgia, la preghiera
comunitaria e la catechesi. Inoltre, secondo gli ambienti, giudaico o pagano a
cui era indirizzato, l’annuncio si diversificò adattan-dolo alla comprensione di
un pubblico sempre più numeroso possibile. Quando i testimoni oculari della
prima ora cominciavano a scomparire, gli interpreti delle comunità cristiane
primitive si posero l’esigenza di fissare per iscritto il frutto delle
testimonianze trasmesse oralmente sulla vita pubblica e l’insegnamento del
Maestro. Già circolavano in maniera isolata <detti ed episodi>, i cosidetti “loghia”,
riguardanti la vita pubblica di Gesù. Probabilmente erano già note le lettere
che Paolo via via inviava alle prime comunità cristiane. Paolo nella I° lettera
ai Corinzi, scritta intorno al 56, ci informa che la maggior parte dei testimoni
della risurrezione di Gesù era ancora vivente. Esigenze apologetiche, morali e
liturgiche determinarono la necessità di fare confluire questi primi documenti
frammentari in raccolte isolate più vaste, che in seguito finiranno col
trovare una diversa collocazione nei 4 Vangeli. Questo spiega, almeno in parte,
le imprecisioni e le divergenze esistenti nelle indicazioni di tempo e dei
luoghi descritti nella redazione finale dei Vangeli.
Probabilmente la prima raccolta evangelica
omogenea fu costituita dal racconto della ‘passione-morte-risurrezione’ di Gesù.
Questo perché la prima necessità fu quella di testimoniare che Gesù dopo la
morte era veramente risorto. Successivamente sarebbe comparsa una raccolta di
grande importanza, denominata dai critici la “fonte Q” (iniziale della
parola tedesca ‘Quelle’=fonte), dove confluirono <le cose che Gesù aveva
insegnato>. Si trattava, In ogni caso, di piccole unità o forme letterarie, di
brevi sommari o annotazioni, che fin dalle origini rimasero slegate da un
contesto storico narrativo, ma che in seguito furono modificate, ampliate e
reinterpretate fino alla redazione definitiva dei Vangeli. |